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🇮🇹 #diariodibordo E poi fai una toccata-e-fuga in giornata a Roma e no

🇮🇹 #diariodibordo E poi fai una toccata-e-fuga in giornata a Roma e non passi dal MA CHE SIETE VENUTI A FA’ a recuperare della roba interessante per placare la piccola vocina nerd che è nel fondo della tua coscienza? Così o le dici “brava” oppure “zitta stupida”.

Mikkeller Brewing San Diego Pink Petal Pushers, NEIPA con fiori di ibisco, 5.9 volumi alcolici (prodotta, da quanto mi hanno detto, nel vecchio impianto di AleSmith Brewing Company dal personale di Ale Smith); da quanto ho capito esclusiva del Macché e dell’ Eurhop Roma Beer Festival (non credo ci siano importatori ufficiali per l’Italia). In ogni caso se ne sapete di più e volete fustigarmi per le mie esattezze o fare solo degli appunti da #nerdrompiballe fatevi sentire.

La schiuma è abbondante, molto persistente, assai compatta e di un colore bianco con ricordi rosati. Complessivamente fine, ma con delle bolle belle grosse nello strato intermedio.

Il liquido è di un rosato che ricorda uno spumante rosè, ma più smorto e opaco come un succo di melagrana. La birra è velata e non fa passare la luce (NEIPA checklist, spuntato). Già alla vista si percepisce la vivace carbonatazione con un evidente perlage.

Al naso viene fuori il bubblegum che si declina nelle note del mango e del mandarino; si percepisce anche un leggero floreale abbracciato a tocchi caramellati; presenti, inoltre, resina, dank e, forse, un leggero erbaceo.

In bocca è assai frizzante, di poco corpo, ma non watery. Nel retrolfatto viene fuori un forte resinoso e un pelo di grist; il tutto si fonde al dank, al bubblegum e a punte di caramello portando a galla, però, sentori verdi di pellet.

Le sensazioni luppolate sono assai balsamiche e resinose e quasi al limite del pepato.

Secca, ma leggermente oleosa, si nota come la parte fruttata (pompelmo, mango, leggero frutto della passione) viene fuori in un secondo momento, in quanto, all’inizio, coperta dalle note verdi e resinose.

Si percepisce anche un leggero calore alcolico (ma fa solo sei gradi).

L’evoluzione gustativa è più o meno la seguente: Pepato, resinoso, verde da pellet, poi il fruttato seguito a ruota dal calore alcolico, per poi tornare nel pepato e nella frutta, per arrivare ancora al resinoso in un continuo ciclo. Il resinoso sul finale è assai persistente.

Densa da luppolo, non esplode mai veramente in bocca. E’ una birra che ha un piede in due scarpe. Vuole essere una NEIPA, infatti non è amara ed è torbida, ma manca di morbidezza al palato; invece di esplodere in un tripudio tropicale, la dà vinta al resinoso e a note caramellate che in questo stile, di solito, non sono presenti. Inoltre, l’ibisco sembra dare prevalentemente un contributo cromatico.

Buona, ma non buonissima e sicuramente dimenticabile se non fosse per la sua rara natura esotica.

Quindi “Sei stata brava, ma la prossima volta parla di meno”.

Gianluca

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