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17 e 18 Agosto 2021. Ho scelto il 17 che porta bene. Il “The Bluebet Pub” di Lecce organizza “Birre al castello”. Ma “Carlo V” non gli deve stare simpatico, cercano, invece, un po’ di frescura sui “Monti”. A Corigliano d’Otranto. Un paese tutto castello. Popolato anche oggi, il castello: cocktail bar in terrazza, mostre fotografiche, concerti. Location suggestiva per un matrimonio alla moda. Popolato anche oggi, il paese: localini, luci e una grande piazza piena di gente.
Non c’è fila per accedere. Sono arrivato relativamente presto: Green Pass, obolo di €5 e prima birra in omaggio. Subito il popolo del Bluebeat sul palco: celebrano, parlano coi birrai presenti. Agostino Arioli di Birrificio Italiano, presente. “Lambrate” Giampa lo segno assente. Al loro cospetto una piccola platea colma di gente adorante. Aggiro lo spettacolo, non sono fatto per il clamore e per il fan service. In un attimo, i miei piedi si posano su antichi gradini consunti dal tempo: per luogo e impostazione mi sembra quasi di trovarmi ad un’esclusiva festa o ad una degustazione di vini. Cerco di non pensarci.
Problema: ho fame. Problema: cibo, acqua e cocktail sono in terrazza. Problema: c’è il COVID e la terrazza è più un terrazzino; i nobili non prendevano il sole, me li ricordo, infatti, pallidi. Fila, fila, fila. Obiettivo: bere birra. Cose da non fare: file per il cibo.
Do facilmente in escandescenze, ma, per fortuna, non meno mai nessuno. Respiro profondamente. Esco e, tranquillo, cerco un bar. Trovato: pizzetta e acquetta. Fosse stato un assedio medievale sarei probabilmente morto di stenti. Rientro al castello grazie allo scontrino: qui, almeno, non si evadono le tasse come in altre occasioni brassicole. Una mano mi tocca la spalla. Amici dicono che il cibo servito in terrazza, anche se un po’ caro, è davvero gustoso. Fila, fila, fila. Peccato non riuscire a provarlo.
Birra. Tipopils di Birrificio Italiano: in forma. Bicchiere: 25 cl, plastica usa e getta. Né policarbonato né vetro. Pandemia e sicurezza? Ma quelli del vino, a Maglie, l’altro giorno, se ne sono fregati e hanno usato bicchieri che, al contatto col suolo, si infrangevano. Strane norme burocratiche? Questioni organizzative? Non lo so. Sento in lontananza, però, ridere i cravattini del succo d’uva fermentato. Sghignazzano di gusto.
Tre è il numero perfetto? Devo guidare, è estate, ci sono troppi controlli. Non posso bere molto. Problema: dopo l’omaggio iniziale le birre si acquistano in multipli di tre. Three, is the magic number. Problema: rischio di tornare a casa strisciando. Problema: rischio di tornare a casa senza macchina e patente. Problema: oppure rischio di non bere mai alcune delle birre acquistate, une e trine. Non demordo, opto per la morigeratezza: Cosmic, session IPA di Lambrate, una delle Klanbarrique, la pils di Birranova. Tutte in ottima forma a differenza di altre occasioni … e a differenza del bicchiere in cui sono spillate.
Oscar Giammarinaro, ex Statuto, è in concerto. Proprio laggiù, dove un tempo cadevano i soldati assedianti. Il fossato è lontano dalle postazioni di spillatura; bene così. La presentazione del libro “La rivolta dello stile – Tendenze e segnali dalle subculture giovanili del pianeta Terra” si svolge nell’atrio. Anch’esso lontano dalle spine; bene così. Il dj set di Rocco Morano, ben suonato e professionale, è, però, vicino alle birre e distrae; male così. Un po’ come il palco rock in un famoso chiostro di Reggio Emilia.
La testa gira, io mi siedo. Mi sento un po’ allucinato: ho in mano un cocktail o una birra? Mi trovo in una discoteca o a un festival? Sono a un vernissage o con degli amici a parlare della mia passione? Partecipo a uno sposalizio o ad una manifestazione brassicola? Prendo parte ad una seriosa degustazione di vini oppure ad una goliardica festa della birra? Sprofondo nel trip: perché la birra artigianale sembra sempre più una moda che una vocazione? Perché c’è più gente in terrazza per i cocktail e per il cibo che alle spine? Perché non faccio quasi mai la fila per bere?
La testa si arresta, io mi alzo. È tutto più chiaro: i singoli elementi del miscelato funzionano bene. Luogo, birre, cibo, mostre, concerti e dj set. Sono mescolati, però, da un barman avvezzo ad altri ambienti, più festaioli e meno intimi. Il prodotto finale è più un blockbuster hollywoodiano che un film presentato al Sundance. Vai per “Il settimo sigillo” e ti ritrovi i pigiamoni.
Non necessari: fare modaiolo, luci soffuse, luoghi mozzafiato, musica a tutto volume, cravattini e gente che tanto stesse lì o altrove è uguale. Richiesti: comunicazione e divulgazione efficaci, identità, multipli di uno, almeno policarbonato, signora mia, o bicchiere da casa come a Ferrara, sensi liberi da rumori di fondo.
Tutto ben organizzato e godibile per i più. Non tanto per me. Lontani anni luce dalle scorse estati in cui il “The Bluebeat Pub” di Lecce organizzava “Birre vista mare”. Al mare, non ai “Monti”. A Torre dell’Orso. Senza castello. Con un po’ più di coerenza per tono, luogo e avventori.
Sul menù sarebbe stato più esplicativo scrivere: “Arte al castello con aria di birra artigianale e contorno di amici e birrai”. Avrei deciso meglio se ordinare oppure no. Ma, alla fine, almeno una pinta te la fai sempre.
D’altronde sono ancora un adolescente: sogno un mondo più silenzioso e coerente.
D’altronde non vorrei mai essere l’unica voce fuori dal coro: ci si sente soli.
D’altronde sono anche un misantropo conservatore: coccolo le mie passioni.
Una cosa, però, è certa: le mode passano, la vera birra sarebbe bene che restasse.


